1999 – 2000 Il Cammino dell’anima

L’attimo del passaggio…Un evento nato dalla volontà di far interpretare agli artisti il passaggio del millennio a partire da una frase dello scrittore Saramago, presa a simbolo di questo evento.L’artista …ha voluto fissare l’istante della transizione, l’attimo del passaggio: non più anno passato, quasi anno nuovo, momento misterioso e magico di divisione e di unione, di eredità culturali e nuovi cosmi, di bagagli emotivi e umanità in divenire. L’arte traghetta l’arte, si rinnova a partire dalla riscoperta delle sue radici: secondo la concezione lineare e circolare insieme del tempo dell’artista, in quel momento zero, di sospensione, il vecchio mondo è lasciato alle spalle, quello nuovo è meta non ancora raggiunta. Troneggia al centro della tela una scarpa – navicella…

Il Popolo, 5 dicembre 1999 – di Simonetta Venturin

Sulla concezione del tempo lineare si costruisce invece la tradizione giudaico-cristiana e islamica. In questo sistema, per l’inevitabile oppressione del tempo e’ sorta l’ideologia della leggerezza, quale liberazione dal peso della cultura, delle tradizioni. Con le nuove tecnologie il futuro si prospetta sotto questo segno: comunicazione digitale, informatica, internet, proiezione nella virtualità. Ne consegue il rischio di non dare importanza alla realtà densa del reale. Qualora la leggerezza non si identifichi con l’indifferenza, si possono scoprire in essa qualità etiche. Il fascino per la cultura di massa tuttavia, mescolando la cultura universale, può annullare i giudizi di valore. L’ idea elaborata si contrappone alla leggerezza, idea non chiamata. In questa visione la scarpetta di Cenerentola, oggetto dell’effimero della moda, indossata da Blimunda, non si dissolve allo scoccare dell’ora zero, come spiega ironicamente la Battain…

1999-2000-presentazione di Luigina Bortolatto

 

… L’oca è come una raffinata contessa sorpresa però a ciabattare per casa.. Nobile si, col suo collo aristocrat ico, coi pingui fianchi matronali…Franca Battain per una volta, come la fata di Cenerentola, le ha fornito la scarpetta con il tacco a spillo: un tocco di lifting e due inedite zampine le sono spuntate come per incanto. Così ha tutto un altro portamento. Adesso la sua bellezza è completa. “Abbiamo fatto il becco all’oca” direbbe San Bernardino intendendo che finalmente si è portato a compimento il lavoro. In questo caso, invece del becco, le abbiamo fatto i piedi…L’omaggio all’oca di Franca Battain, che si moltiplica in 43 piatti dipinti, è come un atto d’amore …

2000 – presentazione di Alessio Alessandrini

 

…In un grande dipinto appare, pur avvolta nello spazio cosmico, la sagoma inconfondibile della Basilica Veneziana della Salute. Non è un’architettura soltanto: è il simbolo primo del miracolo. La vergine salvò tre secoli fa, la città dalla peste. In alto svetta una grande cometa bianca e gialla, su cui si inseriscono aritmicamente alcune scarpette rosse. Sono le scarpette della Madonna: la cui forma è desunta cripticamente da un’antica reliquia conservata in un convento spagnolo. Tutto appare chiaro: sia i passi lievi della Madonna che diventano una sorta di “cammino dell’anima”, sia la forza salvifica che ne emerge. Venezia, la città armoniosa che salda natura e presenza umana, diventa il grembo materno in cui si verifica questo slancio verso il cielo, questa ascesi che ci coinvolge. Una bianca colomba è là, a significare ancor più il volo in cui ci accingiamo con purezza di spirito. Che il miracolo possa ripetersi ancor oggi? Un miracolo di salvezza e di pace?…Il fatto è che bisogna saper leggere, cioè squarciare il velo che ottunde solitamente i nostri sensi. Non a caso un grande mistico spagnolo Juan de la Cruz, soleva pronunciare dai pulpiti delle cattedrali di Toledo o di Salamanca una frase che certamente colpiva i fedeli: “Non siamo qui per vedere. Siamo qui per non vedere”. Intendeva dire che non dobbiamo limitarci ad esercitare i nostri sensi, ma a superarli. Proprio per cercare di “ vedere l’Invisibile”, cioè Dio. Nel campo dell’immagine serve appunto qualcosa che vada “oltre”: che non si fermi cioè alla mera seduzione estetica. Qui sta la scommessa di Franca Battain: la capacità di caricare l’immagine di una forza che è quella dello spirito…Il racconto che ha per protagonista le scarpette della Madonna nasce da una esperienza lontana: quella delle scarpe del padre, che ella ha pateticamente fotografato in situazioni diverse ma in un contesto sempre di alta intensità emotiva, magari sul lago tra le montagne o sul letto della vecchia casa familiare…Ecco allora apparire, in un altro grande quadro intitolato “La mezzanotte di Blimunda”, il fascino di un episodio del “Memoriale del convento” di Saramago, con la nitida immagine della scarpetta ingigantirsi nel viluppo del Cosmo Celeste. Ecco altre scarpette inserite in una Venezia sognata : e altre ancora legate a reminiscenze letterali o sociali (“ La dama Barbarigo al Vesuvio, Donna sotto il burqua”). Ecco la stessa grande installazione, che, pur nell’apparenza enigmatica, riprende il motivo della Vergine, con le orme delle scarpette attorno ad una sintetizzata “scala celeste” : e qui c’è tutta la simbologia dedicata alla “Discesa della Vergine” ( la stessa Franca Battain ne chiarisce; fantasie surreali e meditazioni spirituali: l’affascinante interpretazione. Note commoventi e note argute…Anzitutto ci troviamo di fronte ad un’artista dall’estrema libertà creativa: un’artista non convenzionale, che ha combattute le sue battaglie culturali e sociali con rara passione; un’artista colta, e come si suol dire “impegnata”, poliedrica nella sua attività, sempre volta ad approfondire le tematiche del dolore, della forza esistenziale, della comunicatività, dell’amore. Una donna di questo tipo non poteva limitarsi, come fanno molte sue colleghe, ad una sigla, cioè alla ripetizione di un motivo di base. La continua creazione è lo stimolo per sempre nuove fantasie. Quest’ultimo ciclo “Il cammino dell’anima” ha una intonazione lirica, certamente di origine spirituale e religiosa. Quindi l’impianto esecutivo sfiora il tono di una favola surreale ( e può esservi almeno in certi quadri, l’eco di Chagall)…E’ proprio così: Franca Battain sa adattare ogni volta la qualità pittorica all’intento espressivo…Quel che appare diventa una testimonianza di fede: quindi un conforto, un balsamo per tutti noi che cerchiamo, affannosamente, la luce dello spirito.

Venezia 24 Marzo 2003 presentazione di Paolo Rizzi

 

…Pittura, poesia, video, fotografia, narrazione sono forme artistiche che non sembrano, almeno nel caso dell’opera di Battain, essere autonome, vivere da sole senza ritenere che una seppur piccola parte di un altro linguaggio espressivo entri, come una silenziosa citazione di se stesso, dentro ad altre forme linguistiche…E si tratta di una allegoria che certo rimanda a Eraclito, ma che di fatto alla quale non ci si può sottrarre, se si vuole mettere in luce il motore che muove la creatività e il procedere artistico…Battain ha così avvertito la necessità di sperimentare nuove strade ed aprire nuove orizzonti più ampi e di impossessarsi così di altri linguaggi. E tra le innumerevoli ricerche s’è fatta largo l’idea di contaminare le diverse forme espressive dell’arte. Si è dunque appropriata di quel processo creativo mediante il quale i diversi linguaggi espressivi partecipano, a intensità diverse, al completamento dell’opera. Si crea così un primo momento nel quale i linguaggi dialogano tra loro e si confrontano. Solo in un secondo momento vanno gradualmente perdendo il loro specifico, la loro caratteristica unitaria, fino a diventare complementari gli uni con gli altri, o a fondersi in un unico linguaggio, in un’unica forma espressiva, quale ultimo linguaggio di una serie di esperienze.
Ma ciò che maggiormente coinvolge l’opera di Franca Battain, è il risultato poichè la conclusione di un percorso linguistico-sperimentale coincide con il consolidamento di un’ idea; quando cioè il periodo creativo si fa sintesi delle innumerevoli esperienze esistenziali.
Non più causalità, momenti, sensazioni, visioni, interpretazioni, trasformazioni formali, ma una solo idea ,una sola sintesi che si può individuare nell’antico concetto di spiritualità, uno spirito inteso un po’ come materia estremamente sottile, fluida e leggera, simile appunto al pensiero, trascendente dalla materia ma non ancora fattosi sostanza.( è all’arte che spetta questo complesso compimento). Un pensiero dunque caratterizzato da una spiritualità estremamente diversa dalle accezioni meramente metafisiche, in quanto la trascendentalità dell’idea si manifesta nei linguaggi dell’arte, come un’espressione con la quale si vanno disegnando le attività psicologiche sviluppate dalla materia corporea, come “fonte unica di tutto il reale”(Kant)…L’arte, per lei, è il linguaggio di se stessa, del proprio esistere e del proprio confrontarsi con il mondo. Non si dà opera senza che questa non sia parte di una meditazione o di un rapporto spirituale tra il pensiero, l’idea e il linguaggio (anzi i linguaggi) del suo procedere artistico…è una sorta di equilibrio tra l’irruenza, del suo voler comunque dire qualcosa e, tra quel momento, (tutto artistico) di voler suscitare un’emozione, di rendere partecipe lo spettatore non per la forza di ciò che si vuol dire, ma con l’energia del coinvolgimento. Quest’equilibrio è raggiunto proprio nel momento in cui distintamente sa dare diverso peso ai linguaggi che usa. Le composizioni pittoriche risentono dell’idea di uno spazio tridimensionale, che nasce dalle installazioni; come queste risentono di un ordine pittorico, identificato nei colori, nelle forme, ma anche le inquadrature dello spazio appartengono alla falsa tridimensionalità della fotografia, come l’equilibrio reale della fotografia si appropria del disequilibrio della pittura. Non credo così che si possa individuare, nelle ultime composizioni di Battain, lo specifico linguistico, ma certamente si può scoprire l’unità comunicativa del pensiero reso efficace dalla moltitudine ed ecletticità dei suoi linguaggi espressivi…anzi ad essere più precisi è la materia che si fa “segno”dell’idea. E questo principio percettivo è reso esplicito nell’installazione la Discesa della Vergine. E’ lecito quindi considerare quest’opera come la metafora di questo continuo salire alle idee e scendere nella materia. La scarpa è qui intesa come segno tangibile della spiritualità della Vergine divenuta “cosa”, percettibile, in quanto trasformatasi in materia, in traccia, in quel linguaggio della citazione simbolica in un contesto in cui terra e cielo sono solo i simboli di una spiritualità che oltrepassa il luogo, lo spazio, il tempo. L’artista non dice della Vergine, né del suo mostrarsi, del suo essere o del suo trasformarsi in realtà presente, e dunque oggetto della percezione. Non dunque una parola sul significato del suo apparire o ancora sul suo personale rapporto con la figura simbolico-religiosa di Gesù, ma solamente un segno, a testimonianza di un’esistenza…Il suo contatto con lo spirito è un’emozione a volte narrata con i linguaggi della creatività, come nel caso delle pitture, o con il freddo documentare della fotografia, con quello strumento che rende l’opera dell’artista solamente un punto di vista, una percezione formale, apparentemente, alterata, in realtà soggetta – come tutte le opere d’arte –solo alla composizione…Una scarpa opportunamente collocata in luoghi diversi: davanti ad una lapide, in riva al lago di Levico, o ancora tra le montagne della forcella Zoliera o dell’Eco…Con il linguaggio della pittura, invece, si avventura in un’interpretazione altra della simbologia della scarpa, più squisitamente femminile e più materialmente mondana. Lo fa con uno spirito più disteso e più sensazionale, perché mosso da un’interpretazione più ironica, e dalle infinite possibilità espressive del colore, del segno, delle immagini. Le sue tele raffiguranti le scarpe ricorrono il costume, la moda e il gusto, come espressioni fenemologiche delle abitudini esistenziali…Non ricerca quell’erotismo spinto di Allen Jones, o l’abbandono delle cose di Dine, né la solitaria citazione di Carol Rama, ma un’ identità come promozione fenemologica del suo portatore, del suo possessore. In quell’ironica ricerca dell’identità delle cose, Battain crea il senso della realtà e nella quale vuole nascondersi come a curiosare un mondo la cui identità si perde nelle cose per entrare nel mondo delle sensazioni, nel dialogo tra l’idea e la sua oggettiva rappresentazione artistica.

Nel giorno di San Francesco di Paola 2003 – presentazione di Diego Collovini

 

… una mostra complessa ed articolata in diversi linguaggi espressivi (pittura, fotografia, video, poesia, etc.) Nei dipinti Franca Battain mette al centro della sua visione l’immagine della scarpa, l’oggetto indispensabile per il viaggio, per “il cammino dell’anima”, come recita il titolo dell’espressionismo. Facendo inevitabilmente venire alla mente il celibre ciclo del “guanto” di Max Klinger. Franca Battain dà connotazioni favolistiche ed a volte “chagalliane” ai suoi dipinti, confermando valenze simboliche alla scarpa, con accenti spirituali e di memoria.

Il Gazzettino di Venezia,24 maggio 2003 – Enzo Di Martino

 

“…Un albero fra occidente e oriente”… Ma qual è, per essere più precisi, il “punto storico”di Franca? E’ un albero rosa… A questo punto si può dire che “La Primavera di San Vito “ è una specie di carta d’identità di Franca Battain pittrice dalla “tecnica sapiente” come l’ha definita Enzo Gatti e che lei stessa si dice “figlia della Palude” nella poesia a lato del quadro ( una palude con le pietre del Tagliamento nella sua parte più recondita), “bonificata” dal percorso dell’arte che in questo caso assume non solo connotati artistici ma anche filosofici ed antropologici. “Rigeneravo il mio credo” dice l’artista nei suoi versi. E dove se non nell’acqua corrente del fiume nel quale è più certa ogni personale purificazione e resurrezione dalla “civiltà” dei consumi? Mondati si potrà così proseguire il “cammino di perfezione”, per dirla alla maniera di Teresa d’Avila…C’è infatti ancora qualcosa che si muove verso il Mito orientale…Oriente come conquista di un’ulteriore proiezione. Oriente, ovvero la vita raccontata con gioia…Questa è la magia della pittura.

settembre 2004 – presentazione di Ludovica Cantarutti

 

… Franca si merita la gioia che oggi esprime con questo quadro dedicato a Mestre: un’opera – simbolo, in apparenza lieve come il sogno di un bambino, in realtà talmente densa da risultare paradigmatica. Mi piace guardarla, e da principio non so perché: a definire Terre Miti basta già il bel testo poetico che l’artista vi ha cucito attraverso. Là dove / l’acqua / bacia la terra…inizia, con la struttura rotonda di una fiaba. Tuttavia, nulla ha più referenti nel reale di una costruzione fiabesca; il “c’era una volta” è ora e qui. Esistono davvero giornate limpide in cui il cielo si corona d’orizzonte. Ci sono luminosi trionfi di luce, in laguna, dove le terre paiono sfiorarsi ed il profilo delle pietre, le insenature trascorrono e si fondono. I sogni hanno le ali azzurre, perché non può averle la verità inventata da Franca? Pare incredibile, ma in tanta leggerezza – quelle due colombe simmetriche nella curvatura degli alberi fioriti, i semi onirici delle scarpette (maschile e femminile), delle architetture connotanti – si ammira lo spirito di un’Assunta, l’afflato di una cosmogonia. In excelsis, gioia da respirare. ..Così, una mostra antologica a lei dedicata, come questa al Centro Candiani di Mestre, costituisce certo un’angolazione privilegiata da cui osservare il moto della cultura e dell’espressione artistica negli ultimi trent’anni, ma anche ( e più importante, a mio avviso ) un’occasione impareggiabile per cogliere le vitali persistenze del suo fare arte ( fare vita, fare amore, germinare…). Mario Stefani amava dire che Franca Battain è “un’artista bilingue”, riferendosi alla connessione fervida che si manifesta in lei tra la parola ( il verso) e l’immmagine …

maggio 2005 – presentazione di Francesca Ruth Brandes

 

Personaggio complesso ed eclettico, Franca Battain è attiva su diversi terreni espressivi, quello della poesia e, non ultimo e con persistenza, anche quello della pittura, come dimostra questa mostra per certi versi antologica che allinea i suoi cicli tematici dal 1970 ai nostri giorni. Documentando una ricerca fuori dagli schemi formali, fantasiosa, segnata da una vaga atmosfera di surrealtà.

Il Gazzettino di Venezia 14 maggio 2005 – Enzo Di Martino

 

“ Il cielo e le donne del mondo … La donna sotto il burqua, riflette sulla differenza tra le donne occidentali, simboleggiate da una scarpetta rossa, e le islamiche, ma presenta il velo nella sua accezione positiva di tradizione, modo di essere. Alzando il velo si trovano le stelle, la musica, i sogni di queste donne belle come noi, con un loro richissimo mondo interiore, i loro desideri. “Il problema”, dice Franca, “si crea quando il velo diventa costrizione, violenta o psicologica”, non quando è usato come elemento del proprio essere. E tra velo e scarpette si instaura un incontro di pace, suggellato da quella colomba bianca con l’ulivo nel becco, pollaiata sul velo. Dalla costrizione alla mercificazione del corpo femminile, trasformato in sesso e stupidità dalla cultura dell’immagine: contro tutto ciò Franca alza il suo bisogno di un ritorno ai valori e alla purezza con “La discesa della Vergine…

La Nuova 17 giugno 2005 – di Nicoletta Cosentino

 

…La fotografia, oltre al criterio fondamentale della visione fotografica degli anni Novanta, fornisce nuovi significati con le tecniche digitali di ripresa e riproduzione. Chi la pratica spesso prepara una scenografia, elabora una trama, lavora come regista in un set cinematografico. E’ quanto avviene con Franca Battain che situa Paolina nell’atelier di Cappucci. La femme fatal assiste con ironia al défilè, imperturbabile nella sua inconsueta mise…

2008 – presentazione di Luigina Bortolatto

 

Franca Battain ha voluto dare nuova identità a questa sua esposizione con il titolo: Il cammino dell’anima : alla ricerca dell’identità femminile. E anche questo è un percorso – come del resto è tipico del suo darsi all’arte – che offre ancora contenuti profondamente riflessivi. E non certamente perché sono mutevoli i suoi stili espressivi o ancora mutati i suoi linguaggi adoperati (semmai su questi sarebbe necessaria una riflessione più profonda poiché dipendente dal suo fare eclettico e dal suo definirsi artista multimediale, estraniando questo termine dal mero utilizzo degli strumenti mediatici), ma alla sua capacità di poter contaminare i linguaggi dell’espressività artistica…

2010 – presentazione di Diego Collovini

 

Franca nelle sue proposte e nelle mostre retrospettive che terrà, desidera far capire che tutti siamo in cammino, che dietro noi lasciamo delle impronte reali o metaforiche, che il nostro percorso interiore s’esprime lasciando dei segni …una stretta unione ed interdipendenza fra materia e spirito… “l’incongruenza esistente tra energie femminili /(parto-vita) ,tra filosofie orientali che rigenerano ed energie maschili, queste tendenzialmente di morte/sfascio;le une pars construens,le altre spesso pars destruens”…

2015 Luciano De Carli presidente ASTAA Associazioni Scrittori del Trentino Alto Adige.