L’origine della pittura di Franca Battain è tipicamente veneziana-friulana, connotazione regionale che è molto importante per definire lo stile dell’artista. Dall’opera “Genesi di un pianeta” affiora una matrice espressionistica: una visione estetica non più basata sull’armonia tra l’io e la natura, ma su una deformazione del soggetto ispiratore per farlo diventare un proprio mondo interiore, spesso angosciato. Franca Battain intende raccontare attraverso la pittura un avvenimento storico-sociale, purtroppo drammaticamente attuale (non a caso intitola la mostra “Genesi di un pianeta”).
E’ una genesi che coinvolge la totalita’ dell’esperienza umana : infatti con i suoi racconti dipinti la Battain, inizia con la rappresentazione di un pianeta come segno di speranza. Il colore stesso, inizialmente, ripropone il tema della speranza attraverso il rosso e il giallo, ma, poi,
improvvisamente ci troviamo di fronte ad una Terra martoriata e crocifissa, quale simbolo della
“Madre Terra”. In questo quadro la visione assume una dimensione quasi mitica : la terra è antropomorfizzata e vista come una creatura che soffre. Il passaggio da una terra martorizzata, rappresentata sul piano visivo da una donna tormentata, alla raffigurazione della guerra vera e propria richiama grandi artisti del passato. Ricordiamo fra tutti “I Disastri della guerra del Goya”. La tecnica e lo stile usato dalla Battain è quanto mai appropriato per questo tema, perche’ è un espressionismo primitivo, selvaggio, che richiama, in parte,il movimento degli espressionisti tedeschi del Ponte…Forse uno dei punti piu’ alti e drammatici dell’impegno dell’artista ( e qui si puo’ fare riferimento anche a “Guernica” di Picasso) è quando ci presenta i bambini crocifissi: il dramma si sposta dalle figure che si riferiscono alla Guerra del Golfo, in maniera molto esplicita, a questo avvenimento forse piu’ tragico perche’ la vita e’ troncata proprio quando
sta per fiorire. All’interno dei vari momenti rappresentati dalla pittrice ritroviamo, in alcune sue opere quasi un senso di liberazione, cioè quella famosa “Catarsi”aristotelica, la quale, nelle opere d’arte, trasforma il dramma in una superiore armonia formale ed estetica. Nel dipinto la “Madre Terra” la figura non è più crocifissa e ferita ma una donna che simboleggia la Primavera, la rinascita della natura. In alcuni quadri la terra è una costante Primavera: i fiori e i colori esplodono e vibrano di felicità. L’impegno dell’artista è quello di voler suggerire la liberazione e la gioia.
In altre opere la pittrice è riuscita ad esprimere una preoccupazione di tipo ecologico: pensiamo ai pozzi di petrolio che continuano a bruciare, prodotti della guerra ma anche dell’intervento caotico dell’uomo. Una pittura quella della Battain impegnata sul piano politico-sociale.Nel sottofondo, comunque, c’è sempre la speranza che l’uomo possa superare il dramma e riconquistare la felicità perduta.
1991 – presentazione di Ottorino Stefani
…Franca Battain, artista di fama non solo pittorica, ma intellettuale fine e poetessa impegnata, ha perseguito per una vita intera la speranza progettuale di un umanesimo universale… I suoi stendardi, e quelli presenti in questa mostra ne sono un esempio eclatante, passano in rassegna le grandiosità dei problemi e l’universalità dei bisogni, chiamando in causa i grandi della terra, in un afflato di speranze che accomunano i giovani, le madri, i governanti, i responsabili di ogni religione, e infine Dio crocifisso, come simbolo supremo di dolore. La matrice espressionista della pittrice, ci conduce verso sentieri sottili ma determinati ad escludere ogni formalismo per accedere alla denuncia e all’orrore della verità di ogni conflitto. Così, nella “Madre Terra”, che è rappresentata da una donna, come simbolo supremo della sofferenza ancestrale; o nella “Materia Crocifissa” che, nella vivezza della scena ci propone una crocifissione materica, palpabile in ogni sua realtà. Non diversa la tela gigantesca che simboleggia la “Tragedia degli Innocenti”che, anch’essi, sono appesi alla croce del dolore e sembrano giudicare il mondo per la cattiveria che ogni giorno debbono subire in ogni angolo del pianeta. Dalla “strage degli innocenti” dell’epoca di Cristo ….I bambini come “germogli in croce nel grembo della storia”, dice opportunatamente Franca Battain…
2007 – presentazione di Mario Bernardi
Le scritture della natura
… Sono messaggi di pace e di amore universalizzati… Nella ricerca del colore, poi, si notano gli accenti di un’ informalita’ che da’ alla forza magmatica della materia vibrazioni di grande tensione…Il carattere irreale delle sensazioni si tramutano in un cromatismo travolgente dello stesso aspetto allegorico.
Il Resto del Carlino, 17 Dicembre 1992 – Antonio Caggiano
Vulcana: energie femminili
..Sangue della terra è il segno che la colora… La Battain infatti intende operare entro i termini di Natura, eludendo dunque il confronto contemplativo con il vero e ciò va inteso, proprio in presenza delle sue opere, come un superamento delle barriere del consueto e del familiare, nel situarsi in quella dimensione che discerne il rinnovato definirsi delle relazioni tra arte e scienza, tra Natura ed intuizione culturale ( così apparirà conseguente la misura oltre la pittura, in una cogente esigenza plastica, degli omaggi ad Umbro Apollonio, Margherita Hack ed Italo Svevo, prove che propongono in comunicazione e consumo culturale un’associarsi affascinante di termini metaforici, coinvolgenti il mistero dell’ignoto, l’epifenia dell’arte, il valore dell’incrocio tra genius loci e cultura)… un’immagine non familiare, definita in linee di forza, che appunto tendono ad essere specchio del sangue della terra… una lettura nuova e diversa del Caos…
1994 – presentazione di Carlo Milic
…Nella simbologia forte di una natura vista a sostanza, Battain ricerca nella terra le radici del nostro sangue ed esplora il nostro abbandono al magico. Così nelle tre “lettere” piccole tele applicate a un fondo che simula la busta e che riprendono il ritmo delle stagioni a segno del divenire sta racchiusa una genesi in tre tempi: l’uomo figlio della palude e della zolla, frutto di terra violentata, il soffio che crea nella materia l’uomo e la donna e, dopo la creazione nel tepore raccolto di un pensiero notturno, il desiderio di possedere “il silenzio dei silenzi…”
Il Piccolo, sabato 12 Novembre 1994 – Lilia Ambrosi
“Parola e segno per architetture d’amore”. In momenti non molto felici per le sorti del “bene”- “cultura”, quali ci troviamo a sopportare, appare quasi obsoleta la figura dell’artista “impegnato”. Di più l’anafalbetismo di ritorno che dai teleschermi inonda le case e dilaga nei palazzi e nelle istituzioni ha svilito e svileggiato il nobile concetto di “impegno”, relegandolo nel ciarpame degli optionals inutili.L’impegno non fa audiens, quindi è da buttare.Tempi duri per gli intellettuali e per gli artisti che non si accontentano di “immagine” e puntano al concetto, alla sostanza; se proprio il pensiero deve esserci, meglio che sia debole. Oggi l’involucro conta più del contenuto. Tempi agri dunque, anche per Franca Battain, ideale prototipo di “artista Impegnata”. Ma cosa dovrebbe fare un’ artista, per adeguarsi alle “paure” contemporanee e care ad Oliviero Toscani? Cosa dovrebbe inventare, che non sia già stato detto, elaborato, ingurgitato, digerito, pastorizzato, liofilizzato e frainteso? Caravaggio e Bacon sono più violenti di un serial-Killer, l’arte arriva sempre e ovunque prima della scienza, della politica. Si potrebbe anche azzardare l’ipotesi che l’arte preceda la storia, dal momento che gli storici (posteri di professione) usano le parole di ingegno e di speculazione intellettuale quali fallaci controprove di civiltà. Test fasulli, poiché l’arte alta-quella che, anticipandolo, resiste al tempo – è osteggiata e vilipesa dal potere e di conseguenza non può essere adibita a termometro di qualità civile contemporanea. Franca Battain è tipico esempio dell’artista moderno, che si nutre di cronaca e di cognizioni, che vive nel mondo con atteggiamento propositivo e lotta per contribuire alle trasformazioni, per testimoniare un ruolo attivo dei soggetti “privilegiati” (detentori del sapere) in una società democratica capace di salvarsi in extremis dall’incombere di Buchi Neri planetari, sociali, ideologici. Lo fa con i preziosi strumenti di cui è dotata, la parola e il segno. Parola pronunciata e scritta, in centinaia di interventi, lezioni, conferenze, saggi, componimenti poetici, testi teatrali. Segno grafico e pittorico agile, evocativo, non incasellato nella spirale involutiva di uno stile raggelato, bensì posto al servizio del “messaggio”( altro termine tabù, per gli imbonimenti da prime time e l’informazione-trash). Messaggi, quelli di Franca, che si dipanano per tesi ed argomenti, intuizioni ed emozioni, per sillogi e poemi, tagliando come comete imprevedibili l’universo del visibile per gettare inquietanti lampi preveggenti nei grovigli del “privato”. Non vi è tema –dalla psicosintesi alle ricerche yoga, dagli studi psicoanalitici al femminismo e a molti altri-che Battain non abbia trattato con assoluta libertà di pensiero e con serena indipendenza di giudizio. Con risultati sorprendenti, quanto a vastità di orizzonti e concretezza di esiti, ben lontani dal déjà vu che zavorra il lavoro di tanti “operatori visuali” colonizzati da riviste aspiranti al marchio made in U.S.A., e agli antipodi rispetto ai prodotti standardizzati e inconsistenti che il mercato dell’arte propina a collezionisti incolti, felici di coltivare orticelli provinciali a danno dei propri eredi, futuri gestori di ingombrante ciarpame. Battain non è stanziale,viaggia, partecipa a convegni internazionali. Poi ritorna nel suo angolo di Veneto Orientale-dove probabilmente la considerano un poco “diversa”, mentre per fortuna lo è totalmente, in un sofferto isolamento, quasi involontario romitaggio, che le consente di rielaborare con calma, nel piccolo studio zeppo di libri, il bottino di nozioni ed immagini contenuto nel bagaglio di ogni spedizione. Al termine di un poderato processo di sedimentazione, affiorano dubbi, intuizioni, proteste, promesse, che si trasformano in testo letterario, in versi liberi, in pittura. Non c’è ripetizione, nelle opere di Franca Battain, perché i “motori” che muovono i cicli della sua produzione, girano a regimi differenziati. Di norma, gli artisti individuano la misura piu’ idonea alla propria potenzialità espressiva ( per esempio, in scultura Fausto Melotti predilige il sonetto, Toni Benetton ama il cantico) ma Battain costituisce un’eccezione, poiche’ rapporta modi e metodi all’intensita’, dell’evento promotore. In tal modo fioriscono sequenze di parole ed immagini che possono risolversi in folgoranti agnizioni o assurgere ad elaborate e complesse stratigrafie. Sempre è vigile, l’attenzione a non cadere nel suadente, nell’amicco. La grazia non è graziosa. Nulla è concesso alla sovrastruttura decorativa, all’orpello; il controllo di una mano abile, al servizio della vigile intelligenza, impone rigore, sintesi, chiarezza. L’arte è comunicazione e costruzione. Franca Battain si pone fuori campo e – come in una sua poesia – si trasforma nell’occhio del mondo che “pensa / immagina / di vivere / un’architettura d’amore”.
Venezia, settembre 1996- presentazione di Franco Batacchi
Installazione- video “Magia del Ventre e Big Bang del Segno”
…L’artista propone una installazione intitolata “Magia del Ventre” e “Big Bang del segno”, composta da due video monitor con supporti in legno naturale e simboleggiante due corpi tra il naturale e l’artificiale, uniti da un cordone ombelicale attraverso il quale passa l’acqua vitale: “il primo canale di comunicazione a livello biopsichico e spirituale – come ha spiegato l’artista-di due vite interdipendenti”.
L’originalità dell’opera, con sonoro e visualizzazione… “è un racconto tra il linguaggio del ventre della madre e quello dell’ecografia del figlio; il ventre è energia non solo corporea ma anche della mente, del cuore e dello spirito, come spiega il testo poetico recitato.” Da questo scambio di energie reciproche – è sempre l’artista portogruarese che parla – nasce il secondo video, “Big Bang del segno”, una scrittura fantastica tracciata nel ventre della madre quando inizia il nostro primo istintivo e gestuale rapporto con la vita. Il testo è la traduzione poetica di questo alfabeto che scorre sull’immagine è da me denominato “transletteratura”, perché rappresenta il passaggio dalla preistoria alla storia del nostro linguaggio interiore; sono convinta che la scienza, in futuro dimostrerà quest’interdipendenza tra madre e figlio, questo reciproco scambio di energie vitali che si fondono in un’anima, come avviene in tutto l’ecosistema…
Messaggero Veneto di Pordenone, 21 giugno 1996 - Luigi Doretto
…Installazioni e video rappresentano (fin dagli anni sessanta alle ultime Biennali di Venezia) i nuovi linguaggi dell’arte attuale…Si propongono come veicoli comunicativi, veloci ed immediati, pronti a raccogliere il movimento che la pittura non sempre è in grado di rappresentare.Tramite questi nuovi media si possono materializzare sensazioni in costante mutamento; mediante la registrazione del tempo viene alterato il rapporto con l’immediato; nuovi spazi illusori vengono così creati. Il video, realizzato dall’artista, mescola i sentimenti semplici e primordiali, originati nell’azione del percepire la nuova vita, che si manifestano con i mezzi artefatti ed invadenti delle nuove tecnologie della comunicazione. L’attuale (la percezione e l’immutabile (la vita) si confrontano, dialogano tra loro,s’intersecano, mentre altri linguaggi, quello poetico e quello scientifico, indagano sull’esistenza e sulla sua genesi. Il concetto, su cui l’artista si sofferma, nasce dal rapporto dialettico tra contenente/contenuto, in questa duplicità dell’essere e del divenire si concentra la sensazione percettiva dello spettatore. L’artista propone un punto di partenza, un inizio, un big-bang dal quale si genera il segno,come simbolo della presenza dell’uomo che si fa testimonianza del suo essere parte dell’universo. Quest’ idea di divenire del genere umano e del mutare della materia si trasforma in segno, in un gesto materiale,vivo e reale che appartiene alla pittura. Un segno energico, forte, dinamico pronto a registrare una sensazione primordiale, pronto a raccogliere ogni energia, ogni mutamento del divenire. In questa metafora trova posto il ventre materno, meccanicamente ripreso nella sua effettiva raffigurazione, mentre i versi poetici, come segni significanti, attraversano le schermate del contenente.Il forte messaggio si esterna anche in quell’ampia simbologia del vulcano, come elemento di comunicazione del grande ventre che è la terra…”
Nel giorno dei SS Cosma e Damiano, 2000 – presentazione di Diego Collovini
1998 “Dov’ è Cenerentola?”
… Oggi Battain gioca con questo feticcio usando tratti veloci e sicuri. Il tema, specialmente se si guardano piu’opere insieme (hanno piccole dimensioni, ma possono essere composte) diventa ritmico e trasmette allo spettatore allegria e una continua sollecitazione psicologica. Le donne, proprietarie di queste calzature sciccose, sexi, importanti, maliziose…sono altrove, ma come Cenerentola hanno lasciato una firma della propria essenza. Impossibile non ricordare la cartellonistica di Lautrec. Anche Battain punta il dito sulla significativa artificialità di fondo del mondo in cui viviamo. Di chi sono le scarpe abbandonate in queste opere contenitore?Sono di ballerine, attrici, cantanti, prostitute, signore audaci,donne in carriera…e comunque diventano corifei della nostra intramontabile “ comédie humaine”.Una commedia in cui gli uomini hanno il compito di inseguirle…
Milano, 2 Aprile 1998 – presentazione di Anna Caterina Bellati
… con arguzia ironica F.Battain torna al momento conoscitivo dell’arte che privilegia il ragionamento rispetto all’opera con risultati apparentemente leggeri. In effetti le immagini, familiari e semplici, spesso frammentate,sono esaurenti processi di denuncia e attiva partecipazione sociale pur con mezzi trasversali…”
giugno 1999 – presentazione di Luigina Bortolatto